La danza spagnola
Curiosità
La bata de cola
L’immagine della Bailaora di Flamenco con la Bata de Cola, è senz’altro la più emblematica. naturalmente, però, quando si tratta di qualsiasi cosa abbia a che fare con il Flamenco, non ci sono molte fonti di informazione. Secondo Matilde Coral, la Bata de Cola deriva, probabilmente, dagli abiti indossati dalle donne nel 19° secolo. Il lungo strascico si lasciava disteso per camminar e veniva sollevato da un lato per ballare alle serate di gala. La presa della gonna da un lato ed il suo lancio, sono infatti i primi movimenti inseriti nel baile flamenco. Inizialmente venica chiamato Saco de Cola, che non era altro che il Traje de Cola, solo successivamente venne battezzato come Bata de Cola. Le donne dell’alta società la indossavano ai grandi eventi ed era simbolo di ricchezza e prestigio.
Presto la Bata de Cola entrò nei Cafè Cantantes e le prime Bailaoras ad indossare la Bata de Cola sul palcoscenico furono La Malena e La Maccarrona. Le bailaoras che utilizzavano la Bata de Cola si distaccavano da tutte le altre, attirando più clienti nei Cafè Cantantes. Inizialmente ci si limitava a trascinarsi la Bata dietro mentre si eseguivano i marcajes, talvolta modificando la coreografia anche in base alla posizione della Bata, e a prenderla da una parte nei momenti di zapateado.
La lunghezza normale di una Bata de Cola va, dalla cintura del vestito, da 150 a 175 cm, anche se alcune Bailaoras la usano più lunga, Carmen Amaya usò per esempio una Bata di 3 metri! Ai tempi di Matilde Coral la Bata de Cola pesava anche 25 Kg, oggi si aggirano intorno ai 10 Kg, e servono tra i 50 e i 35 metri di stoffa, dipende dal numero di volantini. Le vecchie Bata de Cola erano confezionate in cotone inamidato, oggi vengono confezionate in vari tessuti.
Spiegare come si “controlla” una Bata de Cola è molto difficile, perchè la Bata è qualcosa che non si muove mai esattamente allo stesso modo due volte di fila… Non c’è modo di controllarla veramente, si deve invece imparare a ballare con essa, e, più importante, imparare ad improvvisare, risolvere i problemi e continuare. La gamba deve fare sempre da supporto alla Bata de Cola, in modo da farla apparire elegante, accompagnandola nei suoi movimenti, senza lanciarla a casaccio. La Bata deve essere maestosa, come una estensione del nostro corpo. Bisogna sempre avere la consapevolezza di dove sia la Bata, in qualunque momento.
L’attitude che utilizziamo per gestire la Bata deve avere l’arto portante sempre in pliè, il ginocchio dell’attitude più alto del piede, e il busto in asse, senza proiettarlo in avanti per compensare il peso del corpo. L’anca ed il bacino non devono essere coinvolti nel movimento. Una volta acquisita la giusta postura dell’attitude dobbiamo pensare a dove abbiamo bisogno di raccogliere la Bata in base al movimento che vogliamo eseguire.
Spesso la Bata viene accompagnata da altri accessori come l’Abanico o il Mantòn de Manila. I Bailes caratteristici dove si usa la Bata de Cola sono La Soleares, l’Alegrìas, la Guajiras, il Caracoles…
Abanicos y pericones
Le origini del ventaglio, risalgono all’epoca dei Faraoni in Egitto. Dipinti mostrano infatti dei ventagli fatti di penne di struzzo. I ventagli erano importanti anche nella cultura cinese, giapponese e persino nella civiltà azteca. I giapponesi furono i primi a creare la forma degli attuali ventagli dandogli una forma apparentemente inspirata dall’ala di un pipistrello. L’uso dei ventagli sembra essere stato introdotto in Europa nel XVI secolo quando i portoghesi aprirono le rotte mercantili verso l’Estremo Oriente. Inizialmente essi vennero usati solo dalla classe borghese, in quanto oggetto raro e costoso. Comunque la tecnologia dei ventagli venne ben presto appresa anche dall’industria europea. I ventagli divennero presto a portata di tutti, ma continuarono a distinguere la classe borghese per la forma, i colori, i materiali e la taglia. Nel XVIII secolo un francese stabitosi in Spagna creò una qualità di ventagli che venne ben presto esportata in tutta Europa. La Spagna, tutt’oggi è uno dei pochi paesi europei che fabbricano ancora ventagli. Molte donne per mostrare tradizionalmente un segnale di eleganza di buon gusto li usano ancora in certi circoli sociali. Gli uomini portavano dei ventagli nella tasca della loro giacca, ma cominciarono a rinunciarci nel 20 secolo. La parte superiore del ventaglio chiamata la foglia (hoja) è fatta generalmente di stoffa o carta. Essa è decorata con scene della vita spagnola o con motivi floreali. La parte più bassa o guardia è fatta normalmente di legno (madera). Un ventaglio senza la foglia decorata è chiamato “de baraja”.
In Spagna i ventagli ebbero un ruolo vitale importanza nella cultura e nel costume. Il ventaglio ha un interessante “linguaggio”. Le ragazze che nel IXX e XX secolo che frequentavano i circoli sociali o “chaperones femmina” venivano affidati a delle badanti, che avevano il compito di vigilare sulla loro condotta. Queste badanti eseguirono i loro doveri con tale dedizione che le ragazze dovevano trovare un modo per comunicare coi loro pretendenti senza attirare la loro attenzione. Così il ventaglio divenne un “mezzo di comunicazione”. Aprendo, chiudendo e poi sventolando il ventaglio oltre la guancia voleva dire “Io ti amo o Tu mi piaci”; Sventolarsi dolcemente il seno voleva dire “Io non sono sposata e non ho neanche un fidanzato”; Sventolarsi il seno con piccoli movimenti rapidi e corti “Io sono impegnata, ho un pretendente” o più semplicemente “Vado via”; Mettere il ventaglio sul seno e guardare verso l’alto “Io penso a Lei giorno e notte’; Camminare impazientemente da un lato ad un altro, colpendo il ventaglio contro il palmo della mano, avvertiva il pretendente che la badante stava guardando; Aprire e chiudere il ventaglio per poi indirizzarlo verso il giardino significavo “Mi aspetti là, io uscirò presto fuori!”. Aprire il ventaglio con la mano sinistra vuol dire “Per favore mi parli”. Infine guardare suggestivamente il richiedente coprendosi la bocca con il ventaglio suggerisce che l’uomo è l’eletto ed è stato spedito un bacio! Quindi, noi tutti facciamo attenzione ai movimenti del ventaglio la prossima volta che eseguiamo una Guajiras o un Caracoles!
Mantòn de manila
El Mantón de Manila è comunemente associato al baile Flamenco, benché sia spesso usato anche dalle Cantanti ed inoltre, qualche tempo fa, era usato come un capo d’abbigliamento quotidiano. Originariamente, el Mantón de Manila, realizzato in seta e ricamato a mano con motivi che richiamavano la natura, come fiori e uccelli, proveniva dalla Cina, ma deve il suo nome alla capitale dell’antica colonia spagnola delle Filippine (Manila). Il porto di Manila si trasformò in una fermata obbligata per le navi spagnole che ritornavano in patria cariche di prodotti orientali. E così avvenne che nel secolo XV i commercianti spagnoli conobbero i mantónes ed incominciarono ad importarli in Spagna. El Mantón de Manila è infatti un capo d’abbigliamento introdotto nel vestiario spagnolo – soprattutto andaluso – dal secolo XVI in poi. Le Cantanti di Flamenco, ma soprattutto le Bailaoras, ne hanno fatto un elemento caratteristico del Flamenco. In poco tempo, le decorazioni cinesi dei mantón furono sostituite. Sparirono i draghi, il bambú e le pagode ed apparvero rosoni ed uccelli, rose, garofani ed altri fiori, ognuna col suo significato:
Iris: purezza – Margherita: impazienza – Rosa: segreto – Girasole: fedeltà… Inoltre fu in Spagna che furono aggiunto il flecho (le frange).
A poco a poco, el Mantón de Manila si andò trasformando in un capo d’abbigliamento femminile abituale, soprattutto a Siviglia, tanto tra le donne benestanti dell’alta società, come tra le classi popolari.
Fu la scuola Sivigliana quella che più forte scommise sul Mantón de Manila. Così, nomi come quelli di Pastora Imperio, La Niña de los Peines, La Macarrona o Matilde Coral sono fortemente legati al mantón.
El Mantón de Manila apporta grande vistosità al Baile Flamenco, ha una tecnica propria e complicata, adatto solo a Bailaoras che hanno già gran dominio del Baile. La cosa più difficile è saper muovere el mantón a compás e fare in modo che si muova come se fosse una parte del corpo. Matilde Coral è stata una gran patrocinatrice del Mantón, continuando l’opera di Pastora Imperio. Attualmente, Blanca del Rey è famosa, tra gli altri suoi meriti, per la sua Soleá con el Mantón de Manila, ed altri nomi come quelli della Compañia Andalusa de Danza, Belén Maya o María Pagés si associano con el Mantón de Manila. Attualmente, e da alcuni anni, el Mantón de Manila è ritornato ad essere usato al di fuori del Baile e si usa come complemento di un vestito festero.
El Mantón de Manila deve essere sufficientemente grande affinché avvolga per intero le braccia distese ed incrociate. Non deve confondersi col piccolo scialle (picos) che accompagna i vestiti di faralaes. È anche importante che non pesi troppo per poterlo maneggiare bene. Attualmente il mercato offre molte possibilità: i colori abituali sono il nero, il bianco, l’avorio ed il rosso. I modelli più classici sono: “cigarreras” con grandi rose e garofani ricamati in colori brillanti, “macetones”che mescolano il bambú con vasi pieni di fiori, e “l’isabelino” che presenta gli angoli ricamati, mentre il centro rimane vuoto o presenta piccoli mazzolini di fiori.
Castañuelas o palillos
Conosciuta fin dall’antichità con il nome di crotalo (voce onomatopeica dal greco), las castañuelas, o palillos, è considerata uno strumento a percussione. Anticamente las castañuelas venivano suonate in tutto il mediterraneo, e altri tipi di castañuelas apparvero anche in altre culture orientali. I romani e gli antichi egitti possedevano castañuelas che venivano suonate alla stessa maniera in cui anticamente venivano suonate in spagna. Nella sua evoluzione ha assunto nomi tra i più curiosi, secondo il luogo ed il tipo di utilizzazione. In Andalusia si chiamano palillos e si utilizzano in danze non proprio flamenche, come las sevillanas y los Fandangos. In Ibiza si utilizzano alcune castañuelas enormi que si indossano sulle quattro dita e si suonano agitando i polsi. Il termine attuale deriva dalla voce latina CASTANEA ‘castagna’, con suffisso diminutivo, data la sua forma che ricorda quella del frutto autunnale. È costituita da due parti concave, chiamate hojas (foglie), di legno duro, avorio, argento, plastica o tela pressata. Nella storia si sono alternati vari materiali; il più elementare la conchiglia, o la terracotta; ma esistettero pure nacchere di bronzo o d’oro. Las castañuelas venivano indossate sul dito medio, ma anche su due o tre dita, dipendeva, come si è detto, dalle dimensioni, ed il suono veniva prodotto con un movimento de muñeca (movimento del polso). Solo alla fine del XVIII secolo ilpopolo Andaluso scoprì come suonare la carretilla con le quattro dita della mano destra e il golpe con la mano sinistra producendo così 5 suoni consecutivi. Questa tecnica una volta scoperta, si diffuse rapidamente in tutta la Spagna. La tecnica del dito medio, del corazón,si continua comunque ad usare in alcune danze regionali (come ad esempio la jota aragonesa). La castañuela con due piccoli segni sulla parte superiore viene suonata dalla mano destra. Questi segni indicano la differenza di tonalità que è 3/8 più alta rispetto alla castañuela sinistra. Per far in modo che las castañuelas suonino bene è necessario che siano indossate in maniera corretta, ma comunque bisogna allenarsi molto ogni giorno. Per mantenere un buon suono delle castañuelas non si deve dimenticare di riporle nella propria custodia, in modo tale che né l’umidità, né il freddo o il caldo secco possano danneggiarle e romperle. Si annoda il cordoncino in una sola delle estremità, a circa tre centimetri, affinché l’altra possa passarvi scivolando e possa essere tirata o allentata a seconda delle necessità. Una volta annodato il cordoncino, la castañuela va infilata nel pollice, lasciando le estremità del laccio, quelle con il nodo, nella falange ed appoggiando la parte centrale del cordoncino sulla falangetta. In alcune zone della Spagna, per alcuni balli regionali, le castañuelas si indossano nel dito medio. Per produrre il suono corretto la castañuela deve rimanere leggermente aperta, una volta stabilita la giusta tensione del cordoncino sul dito.
Sombrero cordobès
Simile a la Montera (cappello utilizzato dai toreri), il cappello Cordoba è uno dei simboli più significativi della cultura spagnola. Lo troviamo nel mondo del flamenco, alla corrida, a cavallo, alle fiere e festival in tutta Andalusia.
Il sombrero cordobès è diventato negli anni una delle icone del flamenco e della corrida. Il dizionario della Real Academia Española definisce come cappello di feltro con la falda larga e piatta, coppa bassa cilindrica. Anche nella danza questo tipo di cappello è una parte importante del guardaroba di un bailaor. Fiere, pellegrinaggi e festival nel sud della Spagna sono anche una parata costante di questo tipo di accessorio che è diventato una parte essenziale del costume tradizionale andaluso. Una variante del sombrero cordobès è il cappello sivigliano. Le caratteristiche sono quasi le stesse, ciò che cambia è la sua origine, che in questo caso, come indica il nome stesso, è in Siviglia. Tradizionalmente è l’uomo che corona il suo abbigliamento con il sombrero, come la donna sceglie la sua peineta… Tuttavia, con l’avvento della modernità e della parità dei sessi non è raro vedere ballare una donna una farruca o un tanguillo con il sombrero cordobès.
El sombrero de panama
La materia prima per la produzione del famoso cappello di Panama è la foglia di palma. Secondo la leggenda, questo cappello ha avuto il suo nome quando Teddy Roosevelt ha partecipato all’inaugurazione del Canale di Panama (1913), in quella occasione gli è stato regalato un cappello di paglia ecuadoriano, e senza sapere la sua vera origine, ha ringraziato battezzando il cappello “Cappello di Panama”. In ballo flamenco, il cappello Panama è utilizzato dagli uomini per ballare la guajiras e la colombiana.
El traje de Flamenca
L’abito tradizionale flamenco che vediamo oggi, è lo stesso che usavano le gitane secoli fa, e si caratterizza per i suoi colori allegri, i volantes e i lunares (pois).
Verso la metà del XIX secolo, gli uomini andavano alle fiere di bestiame accompagnati dalle loro donne, spesso di etnia gitana, contadine (Faenas) che cominciarono ad assistere costantemente agli eventi, indossando abiti ricavati dai normali vestiti di tutti i giorni, di cotone, decorati con volantes ritagliati da vecchi abiti. Più tardi si adottò questo abbigliamento come indumento indispensabile per la FERIA DE ABRIL, per i pellegrinaggi (PEREGRINACIÓN A LA MADONNA DEL ROCÌO ad esempio), ma anche per feste religiose o popolari all’aperto. Le donne oggi lo abbinano con mantones, fiori e peinetas (anticamente di avorio o madreperla), con scarpe, orecchini, spille, bracciali e collane. Per quanto riguarda la mantilla, ormai perfettamente integrata nell’ambito, affonda le sue radici nel velo delle donne arabe. Già nel XVII secolo erano in pizzo e venivano indossate dalle donne del popolo, ma in seguito divenne simbolo di nobiltà, e venne indossata persino dalla regina.
EL TRAJE DE FLAMENCA è conosciuto anche come TRAJE DE SEVILLANA, TRAJE DE GITANA, o ancora TRAJE DE GUITARRA, perché la silhouette della donna con questo vestito aderente, ricorda quella della chitarra.
A SEVILLA, durante l’Esposizione Iberoamericana del 1929, el TRAJE DE FLAMENCA ottiene il suo riconoscimento ufficiale, essendo indossato per la prima volta ad un evento importante da rappresentanti dell’alta società e da un numero considerevole di assistenti all’evento.
A partire da quella data cominciò a diffondersi anche fuori dai confini della Regione, finendo per diventare un vero e proprio elemento distintivo della cultura andalusa.
Con il passare del tempo, le ballerine cominciarono ad usare questo vestito in scena, adattando anche una versione particolare, dotata di strascico, la BATA DE COLA, per enfatizzare i movimenti.
È una moda in costante evoluzione. Pur mantenendo sempre i suoi elementi più riconoscibili quali, il taglio aderente, la scollatura, e gli accessori, ha accompagnato l’evoluzione della tradizione della Regione. Nel corso degli anni ha naturalmente vissuto l’avvicendarsi di tendenze diverse per quanto riguarda stile e dettagli, rompendo a volte, con la tradizione e dialogando con le correnti di costume in voga nei diversi periodi. Così a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, hanno cominciato a diffondersi TRAJES CORTI (appena sopra o sotto il ginocchio), reinterpretazione dell’ormai dilagante moda delle minigonne. Però l’essenza continua ad essere la stessa. Oggi è possibile scegliere tra vari tagli e stampati; tra vestiti corti o lunghi, con maniche o senza, in tinta unita, fiorati o con lunares, arrivando anche a un taglio maschile con giacca corta, gonna a portafoglio o addirittura pantaloni e sombrero cordobès (TRAJE CAMPERO).
Un TRAJE DE FLAMENCA si riconosce a prima vista, pochi vestiti tradizionali sono così facilmente riconoscibili. È un vero e proprio ambasciatore della cultura andalusa nel mondo. Sempre presente nelle feste tradizionali di tutta la Spagna, ha conquistato, nel corso degli anni, un numero sempre maggiore di estimatori, ritagliandosi anche un posto di rilievo persino nel mondo competitivo della moda.
Il Cajòn
Venticinque anni dopo che Paco di Lucía lo importasse dal Perù, il cajòn occupava già un ruolo insostituibile nel flamenco. La chiave della sua naturale integrazione nel quadro flamenco sta nel fatto che esso “sta a metà strada tra las palmas ed il taconeo”. L’ingresso del cajòn nel cante jondo fu dovuto Rubem Dantas. Al percussionista brasiliano seguirono i musicisti Antonio Carmona, José Antonio Galicia, Manuel Solere e Ramón Porrina. E, a poco a poco, si va appoggiando una ‘seconda generazione’ di cajoneros nella quale sottolineano nomi come Piraña, Brigante, Chaboli, Antonio Coronel, Spazzola, Guillermo McGill….
Accadde che durante una tournè di Paco di Lucía per l’America latina verso 1977, arrivò con l’intervento del percussionista della banda un cajòn peruviano in una festa organizzata per l’ambasciatore spagnolo in Perù e Rubem Dantas l’incorporò alla musica del chitarrista.
Manuel Solere fu presente nel momento dell’adozione in quanto ballerino del gruppo… Come commentò in un’intervista concessa a Flamenco-world nel 1999, “il cajòn era più consono al flamenco” che altri strumenti di percussione che si erano impiegati già come le congas, i bonghi o la batteria.
Proprio Paco di Lucía commenta al riguardo, come raccoglie José Manuel Gamboa nel libro ‘Una storia del flamenco’ che “è ideale per questa musica perché ha un suono molto simile a quello del taconeo di un ballerino di flamenco, a quello delle nocche battendo il tempo su un tavolo, o agli stessi colpi sul coperchio della chitarra. Suona sempre bene, qualunque palos accompagni. È stato un ritrovamento ed un risultato del quale mi sento molto orgoglioso”. Jorge Bruno, un altro dei membri della magica banda, spiega che “il cajòn è facile, comodo – si esalta senza problemi -, e sta un po’ tra le palmas ed il taconeo, suona come i colpi nella scatola della chitarra, non crea eccessivi armonismi…. Perfetto”…”Rubem Dantas ha creato una maniera di toconear il cajòn”. Una nuova maniera adattata al flamenco, differente della tradizionale peruviana che ha fatto scuola.
I primi maestri
Subito si impadronì del ‘nuovo’ strumento Antonio Carmona. Il dato curioso è che il primo cajòn che registrò fu quello di Rubem Dantas. Per allora Ketama stava cedendo i suoi primi passi, con lavori come ‘Ketama’, ‘La pipa di kif’ e ‘Songhai’, nel quale si gemellavano il flamenco e la kora africana di Toumani Diabate. L’apporto di Antonio Carmona come percussionista è rimasto registrato in opere come ‘Quartiere nero’ di Tomatito, ‘Sfortuna, se tu sapessi’ di Enrique ti Abiti, il ‘Mio tempo’ di Rafael Riqueni, ‘Luzía’ di Paco di Lucía, ‘Del mio cuore all’aria’ di Vicente Amigo…
José Antonio Galicia che fu pioniere nell’incorporazione della batteria al flamenco – serva come prova ‘La leggenda del tempo’ di Gambero -, apprezzò anche l’idoneità del figlio adottivo che veniva di al di là i mari.
Quale è il posto del cajòn? Secondo Il Gali, come lo chiamano affettuosamente i suoi compagni, “devi tocar molto a voce bassa: i piedi al di sopra della percussione, la chitarra in mezzo sostenendolo tutto e tu lì abajito, abajito. E quello dà molta motivazione ai ballerini di flamenco ed i musicisti per fare cose differenti, per continuare a cambiare.”
A cavallo tra il jazz ed il flamenco sta Guillermo McGill, un musicista formato a Barcellona che cominciò prendendo contatto col jondo per mano di artisti come Enrique ti Abita e Rafael Riqueni. Fa parte del sestetto del pianista Chano Domínguez e, pertanto, mette la parte percusiva a lavori discografici come ‘Sente come viene’. Inoltre, è dei primi percussionisti in creare un metodo audiovisivo di studio del cassetto – in collaborazione col musicologo Faustino Núñez -, applicato ai compassi del flamenco. In una intervist, McGill comincia parlando del motivo per il quale il cajòn si è incorporato di forma tanto diretta al flamenco: “Apporta un suono nuovo senza violentare i suoni tradizionali; si fonde perfettamente con la chitarra, le palmas, il baile. E non sottrae purezza”. Aggiunge che “l’apporto più importante del cajòn al flamenco è stato il fraseggio ritmico e nella di più, si è trasformato in una nuova voce dentro il flamenco”.
Tecnica del cajòn
Nel cajòn abbiamo tre suoni di base che sono: el grave – el agudo o slap – el muteado, mute o sonidos matao, che non è altro che una variante del precedente – abbiamo anche el relleno o subdivisiòn, il quale più che essere un golpe potrebbe essere pensato come come ad un effetto per rinforzare gli altri suoni.
Il primo suono che andiamo ad analizzare è el golpe grave. Per dar questo golpe in maniera corretta è necessario stendere bene il palmo della mano ed unire leggermente le dita. Il movimento non deve partire dal polso, ma dal braccio o dall’avambraccio, in modo da evitare un certo scricchiolio nel suono, ed appoggiare tutto il palmo della mano alla tavola del cajòn, in modo tale che il palmo si adatti alla forma piana del cajòn, quindi basterà sollevare di qualche centimetro la mano e golpear.
Sonidos agudo: i polsi sono collocati nella parte superiore del cajòn e il dito medio, insieme all’anulare, sono in contatto con il cajòn, mentre l’indice ed il mignolo sono leggermente sollevati. Da questa posizione solleviamo le dita flettendo il polso e golpeamos con il dito medio e l’indice.
sonido muteado: la tecnica è la medesima della precedente, ma i golpes vengono dati un po’ più su, in modo da ottenere un suono più accentuato.
Relleno o subdivisiòn: consiste nell’appoggiare uno o più dita nella tavola del cajòn con l’intenzione di golpeare con precisione i valori ritmici che interpretiamo, deve appena sentirsi, deve essere più una sensazione che un vero suono.
Per facilitare l’apprendimento dell’uso del cajòn è stato coniato un lenguage de percusiòn, questo linguaggio consiste in sei parole e ognuna serve ad identificare un suono ed a indicare con quale parte della mano, destra o sinistra deve essere eseguita quella nota, ed in quale parte del cajòn dobbiamo golpeare.
DUM: Golpe grave con mano destra
TUM: Golpe grave con mano sinistra
DAK (DA): Golpe acuto con mano destra
TAK (TA): Golpe acuto con mano sinistra
I: Relleno o subdivisiòn con il dito della mano sinistra
D: Relleno o subdivisiòn con il dito della mano destra